neuroprostetica cibernetica robotica
"Le possibili applicazioni della neuroprostetica, ramo della neurologia che studia le interfacce cerebrali uomo-macchina, potrebbero presto restituire i sensi e una vita normale a individui con gravi danni neurocerebrali. Muti, sordi, privi del tatto, potranno ascoltare, percepire col proprio corpo, parlare o addirittura comunicare tramite onde cerebrali. Potranno anche avere una pelle artificiale sensibile (creata tra il 2008 e il 2009 da NASA e NIA, enti aerospaziali americani, in fase di sviluppo). I ciechi potranno vedere; i primi tre, all’università di Tubinga, Germania, nel 2011. Non solo le persone prive di arti, come già accade, ma anche individui gravemente paralizzati, paraplegici e tetraplegici, potrebbero essere liberi di muoversi indossando sottili esoscheletri, comandati direttamente dagli impulsi neurali del proprio cervello. Si tratta anche qui di un futuro prossimo, appena un po’ più avanti del supertelefono, sul cui lato oscuro si intravedono anche superpoliziotti e supersoldati, supermalvagi e supereroi. La comunicazione cervello-macchina è già una realtà e, attraverso l’impianto di microapparecchiature, l’interazione sarà un’esperienza tanto reale quanto il vero, forse anche di più. Potremmo spostarci negli ambienti del cyberspazio per mezzo dell’attività cerebrale, cioè col pensiero e l’intento, in una sorta di trasporto telematico-sensoriale. I social network e tutte le applicazioni ivi espandibili potranno essere una realtà carnale, tangibile, e le reti di connessione diventare neurali. Non social network, ma neural network.
Non una telefonata, un contatto video, un sms o una mail, e neppure una chat. Sarà possibile incontrarsi “fisicamente” in ambienti virtuali, comunicare direttamente via pensiero. Le potenzialità sono tantissime ed è difficile prevederle, ma non è più fantascienza. E’ alquanto significativo che vadano in questo senso ricerche e cospicui investimenti di colossi del settore: Google, Intel, Microsoft hanno fondato divisioni proprio per lo sviluppo di questo genere di interfacce neuroprostetiche. Sono orizzonti eccitanti, che comportano una controparte allarmante: per diventare realtà, il neurovirtuale ha necessità di includere (campionare) l’attività cerebrale del soggetto. A parte le caratteristiche chirurgiche dell’impianto, quanto sarà invasivo tale campionamento?
Come dire: gli impulsi provenienti dal nostro cervello funzioneranno solamente in uscita volontaria, oppure potranno essere sondati entrandoci a piacimento e a nostra insaputa, ricevendo e trasmettendo feedback? Sarebbe una grossa evoluzione degli strumenti di mercato e di controllo, che avrebbero a disposizione in tempo reale una serie di dati statistici di inestimabile valore e incredibile precisione.
Tra venti o trent’anni, accedendo a Neuronet per comunicare con un amico, si riceveranno insight morali, politici o commerciali, direttamente nell’inconscio?"
Da "La psicologia dello Zorba", di Arshad Moscogiuri